Una cosa è aggiungersi ad un team una cosa è farne parte realmente. Siamo tutti d’accordo, no?
La riflessione mi è venuta in mente qualche giorno fa leggendo un libro. Raccontava di una ragazza che, non per sua scelta, si aggiungeva a questo gruppo di persone, del quale non condivideva assolutamente niente, cosa che era chiara a lei e alle persone che, loro malgrado, l’avevano accolta. Solo che, piano piano, entrando nei meccanismi del gruppo, qualcosa è cambiato nel modo di relazionarsi tra singola e gruppo. Ed ecco l’evoluzione.
Che c’entra questo ragionamento con Karma Communication? C’entra eccome, e non solo con questa agenzia di comunicazione.
C’è che spesso mi capita di ragionare su progetti di comunicazione per dei clienti, ma anche per noi, e quello che faccio spesso è il tentativo di coinvolgere le persone che lavorano al progetto.
Mi spiego meglio. Fare un progetto di comunicazione per un gruppo di persone, che non si riconoscono in questo progetto e che non hanno la benché minima intenzione di condividere lo stesso progetto non ha senso. Sia che si tratti di condivisione di testa, che di condivisione social.
Chi è parte di una società, di un progetto, penso possa essere il miglior veicolo della comunicazione della stessa società e dello stesso progetto e questo ha valore a qualsiasi livello. E’ chiaro, non si può chiedere alle persone di diventare megafono di qualcosa, però immagino che se si sceglie di stare in una famiglia, un minimo sforzo vada fatto, che si tratti di un like ad una foto, della condivisione di un evento, dell’apporto di una propria considerazione, di un passaparola, un suggerimento, un segno qualunque insomma.
Stare in un posto e basta, senza realmente partecipare alla vita di quel posto, credo che non faccia bene a nessuno, ma soprattutto non apporti nessuna crescita di gruppo e personale.
Mari