Vi ricordate i trasferelli?

Questo post è un Amarcord. Sì, perché girellando sul web, mi sono imbattuta in una roba di cui avevo praticamente dimenticato l’esistenza, ma che mi ha fatto venire le lacrime agli occhi non appena mi si è acceso l’interruttore della memoria: i trasferelli!

Voi ve li ricordate? Io sì e mi divertivo un sacco a scarabocchiare sulla carta lucida per far sì che l’immagine adesiva si trasferisse nel bel mezzo del mio disegno… E non parlo solo di quelli per bambini che erano un gioco divertente, almeno al pari delle decalcomanie (i tatuaggi temporanei basati esattamente lo stesso principio di funzionamento)… Ma io ho avuto la fortuna di avere un padre ingegnere e di avere a casa, dunque una grande (anzi, grandissima) quantità di ogni genere di trasferelli: dalle lettere alle figurine prospettiche (che servivano a costruire al meglio quello che adesso si ottiene con un rendering 3D), passando per tutte i pattern adesivi, le texture, che un tempo si chiamavano “retini”  che si possono considerare come l’equivalente per professionisti dei trasferelli per bambini.

Che passione! Quanti pomeriggi passati a riempire con un retino a pallini (o a righe, o a quadretti…) dentro i contorni il disegno di un bellissimo vestito per le mie bambole di cartone, quanti giochi e quante fantasie sulle bamboline ottenute con il “Gira la moda” (ommamminamiabella, un altro amarcord!!!).
Sta di fatto, che questi leggendari disegni trasferibili hanno segnato l’infanzia di un’intera generazione (quella nata a cavallo fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta). In edicola, si vendevano degli albi interi o bustine a tema (western, legati al mondo dei fumetti, del calcio)… Un po’ come si faceva anche con le figurine Panini, ma i trasferelli erano un altro pianeta (!) per lo meno se vogliamo parlare di creatività (si attaccavano ovunque, con buona pace delle mamme che li ritrovavano sui caloriferi, sulle mattonelle del bagno – sono sempre stata una bimba discreta e non avrei mai osato attaccarli sulla pittura – sulle copertine dei libri di scuola, sui quaderni, sui diari…).

Nonostante il boom, sul finire degli anni 80, però, dopo un rapido declino sparirono quasi completamente dalla circolazione (Ma perché?!?) tanto da essere diventati un vero e proprio oggetto da collezione (e di culto) per appassionati del settore ed ex-bambini dell’epoca. Bastava un oggetto appuntito e calcando sulla superficie lucida su cui si acquistavano, il disegno e si appiccicava sulla carta sottostante. Ok, si possono comprare su internet, ma (a parte i costi che in alcuni casi diventano persino proibitivi) ci sarebbe anche la questione che un collezionista doc potrebbe inorridire nel vedere utilizzare traferibili originali degli Anni 70 per il puro divertimento di una nostalgica).

E allora mi consolo pensando che i retini si possono ancora trovare facilmente: sebbene infatti la computer grafica li abbia quasi completamente soppiantati, restano ancora molto popolari per la realizzazione di elementi grafici (per esempio per creare effetti di profondità e superficie) nei fumetti e in particolar modo nei manga. E poi mi consola anche sapere che la tecnica dei retini, oggi, viene applicata anche alla dolceria (per esempio sui cioccolatini con trasferelli commestibili, come quelli elegantissimi di pizzo bianco). E forse adesso vado in edicola e mi compro una bella decalcomania per lasciare un segno temporaneo di questa nota nostalgica… Ok, magari la faccio più chic e compro quelli couture che Chanel ha messo in commercio qualche anno fa (disegnati dal make up artist Peter Philips). Oppure ancora compro quelli di Martha Stewart.. O compro i più innovativi temporary tattoo per le labbra (quelli col glitter galattico, per esempio). O decido di utilizzare quella confezione di trasferelli Swarovski con i diamantini. Del resto l’ultima volta che mi hanno applicato un trasferello su un lembo di pelle non è poi così lontana: era il 14 agosto 2014, ero a Budapest e mi trovavo al Sziget Festival – The Island of Freedom 😀

Carla