La giornata tipo di una Donna K

Qualche giorno fa un amico mi ha chiamato e mi ha detto “Mari, hai ripreso a lavorare?“, io gli ho risposto che più o meno quest’estate non ho mai smesso (e quando mai!), fatta eccezione per due settimane di pausa, una a luglio e una ad agosto. Lui ha insistito “Beh, sempre lo stesso ritmo?” e io “Sempre lo stesso ritmo”.

Ho così pensato ad una cosa: nonostante il fatto mi piaccia variare moltissimo, stare fuori dall’ufficio, andare a conoscere nuovi clienti, stare al CUB, la maggior parte delle giornate scorre sempre, o quasi, nello stesso modo.

Quindi ecco a voi la giornata tipo di una delle due Donne K, diciamo un lunedì tipo.

La sveglia suona circa mezz’ora, ad intervalli di otto minuti, prima che io mi decida a considerarla per quella che è…una rompiscatole. Quando, tra un suono e un altro, capisco che è arrivato il momento di alzarsi la scimmia del “devi fare un sacco di cose oggi”, è bella che impiantata sulla mia spalla sinistra e grida ad intervalli regolari (si la mia scimmia parla) “sbrigati”, “sbrigati”, “sbrigati”…è una scimmia pappagallo lo ammetto.

Mi catapulto fuori di casa, ma ci ritorno quasi subito dopo avere chiuso la porta a chiave perché ho dimenticato qualcosa di vitale. Cuffie alle orecchie cammino fino all’ufficio e ogni giorno cerco di cambiare il percorso, ma tre mattine su cinque, invariabilmente tra piazza Trento e piazza Verga incontro il mio “futuro marito”. Lui è un giovane alto, bruno e soprattutto fighissimo. Ci incrociamo, ci sorridiamo e poi proseguiamo per i nostri uffici. E’ il mio futuro marito fino alle otto e mezza circa, perché quando entro in ufficio ho già smesso di fantasticare su di lui…per uno sconosciuto tre o quattro minuti di “fantasticamenti” sono sufficienti.

Accendo il pc e comincio ad aprire una serie di pagine. Faccio il log-in su tutto quello in cui posso farlo a cominciare dalla mail. E’ alle nove circa che succede la svolta.  A quell’ora arriva Roberta ed è il momento del mio primo caffè della giornata (non lo volete sapere perché il caffè non me lo sono potuto fare a casa). Quindici minuti dopo si inizia. Accendo spotify e…chi si è visto si è visto.

Tra una cosa e un’altra, spulcio i social per scoprire che le mie amiche sanno allungare le labbra in maniera assurda (ragazze smettiamola con sta storia di questi selfie con le bocche oscene), che i bambini di molti miei amici sono dei geni che a sei mesi dicono parole tipo “papapapapapa”, che c’è chi ancora a quasi quarant’anni si ubriaca e fa tardi la sera durante la settimana per mai più riprendersi nei due giorni successivi, chi odia il mare, chi odia la montagna, chi odia il caldo, chi odia il fresco, chi ha scoperto di essere diventato un’artista all’improvviso (prima o poi qualcuno stroncherà queste passioni sul nascere, spero), chi si lamenta dell’inizio della settimana…e potrei continuare per molto.

Quando decido che è arrivato il momento di mollare i social mi accorgo che sulla mia scrivania c’è il panico. Fogli e foglietti si sono accumulati e dunque arriva il momento in cui è necessario fare un foglio unico che raccolga i contenuti di tutti i foglietti, che non sono altro che delle to do -list. Qualcuno mi dice “Usa Trello”, ma io ancora non sono caduta nella trappola (anche se non si tratta di una vera e propria trappola, ma di una buona soluzione per tutti…ci arriverò).

Continuo con le cose serie da fare, ascolto musica, e ogni tanto grido perché mi sono appena resa conto di avere commesso un errore, di avere dimenticato qualcosa, di avere premuto il tasto invio prima di avere concluso una mail…

E’ così fino all’ora di pranzo, quando una pausa sono costretta a farla. Le cose che mangio sono impostabili su Instagram o su qualunque altro dei social dove mi sono rilanciata non appena ho potuto. Il mio panino imbottito potrebbe fare passare l’appetito a molti.

Il pomeriggio comincia alle 13.30 circa. Ogni tanto scatto qualche selfie cretino, metto gli occhiali, li levo, cerco un libro, appunto una cosa da qualche parte, il numero dei fogliettini di cui sopra ricomincia a crescere. Fino a quando si avvicina l’orario di andare via. Ma proprio quando sto per spegnere tutto ecco che arriva una mail da un cliente, una telefonata assurda su qualcosa che si deve sistemare improvvisamente. Mi tocca prendere il quinto caffè della giornata e rimettermi a lavoro, ma solo dopo avere lasciato qualche commento acido su Twitter che riguarda la tempestività delle comunicazioni.

Quando finalmente riesco a mettere il naso fuori dall’ufficio si sono fatte almeno le sette, il momento giusto per lanciarsi in qualcosa di sociale e socievole. Anche perché a casa non ho la televisione, non ho un pc e quindi la mia vita lavorativa non può che riprendere solo l’indomani mattina.

Troppa routine? Direi proprio di no, visto e considerato che in una giornata in ufficio che dura almeno dieci ore, ci sono talmente tanti imprevisti che tengono ogni Donna K sempre sulle spine.

Mari