Instagram dei pazzi

Instagram mi piace, è probabilmente il mio social preferito. Lo uso quasi quotidianamente e non solo con il mio profilo personale, anche con quelli che seguo per lavoro.

La riflessione di oggi ha a che fare proprio con questo.

Negli ultimi mesi, tra gli hashtag che uso si “aggirano” gestori di profili che secondo me hanno perso completamente il senno.

Ora, è facile su Instagram, farsi prendere la mano. Del resto, non è un mistero: quanto più tempo “investi” nel distribuire i tuoi like e i tuoi commenti, tanti più like, follower e interazioni ottieni. Instagram funziona così.

Non è un mistero nemmeno il fatto che Instagram, a parte piacere a me, sia considerato uno dei social più potenti, ed efficaci, nel quale investire quando si affaccia l’idea di una campagna di social media marketing, anche se naturalmente non è adatto a tutte le esigenze. Ma qui non ci voleva l’arca di scienza per capirlo.

Le strategie, per un gestore di profilo, possono essere diverse, una certamente è sbagliata, folle, fastidiosa e controproducente.

Ecco cosa succede!

Io sono l’utente e da bravo instagramers carico la foto, inserisco il filtro (io in effetti non sono una fissata di filtri), scelgo gli hashtag che mi interessano a seconda del soggetto della foto. Poi comincio a scorrere la mia home page, guardo le foto delle persone che seguo, distribuisco cuoricini sulle foto che mi piacciono, magari metto il ditino su una delle parole chiave e comincio a navigare su quel “canale” per vedere che cosa hanno caricato le persone che hanno “scelto” lo stesso argomento.

Con il mio profilo personale, ad averle, ci perderei ore. Con i profili che gestisco cerco di essere molto più settoriale, andare dritta al punto, ma anche in questo caso spesso mi ritrovo ad avere fatto più strada di quella che avevo pensato.

Dove sta la follia? Tanto per cominciare la maggior parte dei profili “folli” sono di ristoranti o comunque di esercizi che vendono cibo. Non selezionano, mettono mi piace su tutto quello che insiste su una ben specifica area geografica. Like, dopo like, sono inarrestabili e non si perdono una foto. Poi che fanno? Mettono un commento, che solitamente è in inglese.

Ora, è vero che Instagram è il social più internazionale del mondo, dove probabilmente la lingua inglese è quella perfetta per comunicare con tutto il mondo, ma non è detto che io debba e voglia comunicare con tutto il mondo. Dunque la prima domanda che mi faccio é: perché se io scrivo in italiano, tu sei italiano e al massimo vivi a seicento metri da me, il tuo commento è sistematicamente in inglese? Cerchiamo di essere un po’ meno robotici.

Altra riflessione. Se gestisci più profili della stessa area tematica io eviterei di passare per tre volte, con tre diversi nomi, sulla stessa foto lasciando un commento tipo “nice”, “beautiful”, “great view”, soprattutto quando la great view non è su una vista mozzafiato, ma su una melanzana che ho appena finito di friggere.

Insomma. La questione è molto semplice. Io mi sento presa in giro in quando sulle mie foto compare il ristorante che definisce “great view” il fondo della mia tazzina da caffè.

Ok, ci sta tutto volersi accaparrare il favore dell’utente, il web è questo, però senza esagerare.

Mariangela