Fashion blogger 2.0

Volevo fare la fashion blogger, ma non ho il fisico… O meglio, non ho né le attitudini né caratteristiche di questa creatura donna (con una mano a forma di smartphone sempre pronta a scattare un selfie e l’altra a forma di tastiera per recensire sul proprio diario in rete digitando sul portatile a tempo di record), ma biforme visto che i suoi i piedi calzano sempre – come minimo – un tacco 12… Anzi di più, le fashion blogger (quelle vere) nascono con i piedi naturalmente conformati alle scarpe con il tacco.

Già, perché per fare la fashion blogger non basta avere buon gusto. Non si può essere semplicemente delle appassionate di moda. Non si può soltanto saper distinguere un tulle da un’organza di seta, un capospalla da un coprispalle, una open toe da una chanel, una clutch da una pochette… No, per niente. Occorre vestirsi alla moda ed essere sempre perfette in ogni situazione. E’ necessario disporre di un guardaroba a 64 stagioni, perché – non sia mai – una vera fashion blogger difficilmente indossa due volte lo stesso abito (ma non butta mai via niente, in attesa che i suoi pezzi diventino vintage). Inoltre, bisogna tenersi aggiornati su tutto, anche sulle nomenclature cangianti che riguardano il settore della moda.

Per esempio, quando ero ragazza si usavano molto il color pesca… il pavone, o la fantasia militare. Ma – per carità – non azzardatevi a chiamare questi colori con questi nomi: oggi si chiamano rispettivamente “nectarine“, “ottanio” e “camouflage“. E una vera fashion blogger, certe sfumature deve saperle cogliere. E io, invece, non le colgo. Come non capisco perché quello che tutto il mondo ha sempre chiamato color tortora, oggi debba essere definito “nude”… O, peggio ancora, non mi trovo d’accordo con la tavolozza dei colori delineata da alcuni guru del settore (tipo Enzo Miccio che – a mio avviso – confonde il verde lime con il verde mela, ma anche il color fragola con il rosa Schiapparelli).

Ad ogni modo, dicevamo… Non ho il fisico. I miei capelli non sono mai in piega perfetta, come se fossi appena uscita dal parrucchiere; le mie unghie non sono fresche di manicure e rifiutano la ricostruzione (che d’altra parte mi garantirebbe delle mani invidiabili). Il mio trucco non waterproof e nel corso della giornata sparisce (e non per volontà mia) dalla superficie del viso. Amo vestirmi in modo da potermi sentire a mio agio, ovunque io mi trovi, ma non nel senso inteso dalle fashion blogger tradizionali: a mio agio significa dall’incendio in periferia, all’allagamento al quartiere di Santa Maria Goretti (ok, sto pensando a quando lavoro); dal (#fintooverochesianonimporta) pic-nic sul prato con i nipotini, al cinema, alla passeggiata/aperitivo con le amiche (che se amiche sono non guardano certo che scarpe indosso e di che marca è la mia t-shirt). Indosso i tacchi, ma il minor numero possibile di ore consecutive… E anche quando so che potrò stare a lungo seduta, preferisco un paio di Dr. Marteens o di All Star (o di ballerine – non inorridite! non le indosso mai con i gambaletti che sono comunque banditi dal guardaroba di qualunque donna dotata di senno)… Perché, considerate anche le caratteristiche intrinseche di questa città, alcune cose alle donne normali (quelle come me che non hanno il piede a forma di scarpa-tacco-12) non sono proprio concesse.

Per esempio, io sfido Carla Gozzi a camminare con la stesse eleganza di cui è capace a Milano, indossando i tacchi 12 sul basolato lavico di via etnea… Oppure a pensare di andare al lavoro con il proprio computer portatile sotto braccio, in mano come se si trattasse di una rivista di moda appena acquistata, o sotto l’ascella come una baguette comprata nelle vicinanze del Louvre. Innanzitutto pensiamo alle difficoltà (per esempio come si compra un giornale se hai tutte le mani occupate?) e ai rischi di scippo. Poi, se col computer ci devi lavorare tutto il giorno, portarlo a spasso come se fosse un chihuahua non è esattamente utile ai fini produttivi… E poi, le fashion blogger  dove tengono il caricabatterie, l’hard disk esterno, il mouse, la tavoletta grafica e tutti gli extra che possono (potrebbero) servirti al lavoro? “In ufficio!”, direte voi… E io invece sostengo di no: se uno va in ufficio, in linea di massima ha il computer fisso ad attenderla, se hai bisogno di un portatile o vivi e lavori “on the road” (oh, yeah!) oppure ti serve per le trasferte (e allora ti serve anche tutto il resto del corredo). Ok, la borsa per il pc non sarà il massimo dell’eleganza… Anche se ne esistono alcune a dir poco golose… Ma sicuramente è utile.

E allora, sull’onda di questa serie di riflessioni, oggi ho deciso che diventerò una fashion blogger che dedicherà la sua attività alle donne normali. A quelle che la mattina si svegliano e hanno la decenza di non farsi un selfie perché spaventerebbero il mondo intero (o come minimo il patrimonio di web-amici). A quelle che a pranzo preparano da mangiare per un battaglione, dopo aver lavorato tutto il giorno (e neanche lamentano la stanchezza). A quelle che non si fanno le unghie, perché se devi cucinare la manicure è inutile farsela fare, ma è meglio farsela da sé… Tanto dura al massimo due giorni (e non vale la pena spendere 20 euro, per sole 48 ore). A tutte quelle donne che non sanno camminare sui tacchi (e che anche se sanno farlo non hanno bisogno di alzare i talloni per sentirsi a livello). A tutte quelle donne che pensano che il bello delle donne non sta (solo) nel come si vestono-truccano-presentano, ma in quello che si porta nel cuore, nella testa e nell’anima e al modo in cui lo si racconta 🙂

In parole semplici: una fashion blogger 2.0 🙂